Gli strumenti al fine: l’ uso dei beni della Compagnia di Gesù

INCONTRO CON BERARDINO GUARINO

Economo della Provincia Euro Mediterranea della Compagnia di Gesù
(Albania – Italia – Malta – Romania)

 

Una riflessione sull’utilizzo dei beni secondo i criteri che la Compagnia di Gesù si è data alle sue origini e poi ha riletto continuamente nel corso dei secoli.

 

il n. 235 dell’Evangelii Gaudium ci aiuta a focalizzare l’obiettivo di questo incontro

Il tutto è più della parte, ed è anche più della loro semplice somma. Dunque, non si dev’essere troppo ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà benefici a tutti noi. Però occorre farlo senza evadere, senza sradicamenti. È necessario affondare le radici nella terra fertile e nella storia del proprio luogo, che è un dono di Dio. Si lavora nel piccolo, con ciò che è vicino, però con una prospettiva più ampia: né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che rende sterili.

Evangelii Gaudium, n. 235

 

Lavorare nel piccolo con fedeltà al proprio luogo, che è un dono di Dio, con uno sguardo più ampio.

 

Alzando lo sguardo

Se alziamo lo sguardo vediamo un percorso inserito in una storia senz’altro interessante, che innanzitutto è quella della nostra opera, dove ognuno di noi ha un compito che è inserito in un contesto più grande ed in una realtà complessa che ci spinge a sentirci corresponsabili dell’insieme e non solo della nostra porzione.

Se poi alziamo lo sguardo oltre la nostra opera ci ritroviamo nella nostra “casa comune” che è la Provincia Euro Mediterranea della Compagnia di Gesù, che a sua volta è inserita in un contesto di Chiesa fortemente innovato e stimolato dalla guida di Papa Francesco.

La Provincia Euro Mediterranea è una realtà nuova, nata tre anni fa, che comprende un territorio molto ampio costituito da quattro Stati. In questo tempo di inizio si è molto riflettuto sulla direzione che deve prendere questa Provincia, attraverso la creazione di un Progetto Apostolico nella cui formulazione un riferimento importante è stato un brano della conversazione di papa Francesco con p. Antonio Spadaro

Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo, dopo una battaglia. È inutile chiedere ad un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremmo parlare di tutto il resto. Curare le ferite. E bisogna cominciare dal basso

Papa Francesco, La Civiltà Cattolica, 2014

 

Due sfide per l’oggi

Questo sguardo più ampio che ognuno di noi può esercitare alzando gli occhi, ci prone alcune sfide.

In particolare, sono due quelle che possono interessare il lavoro che siamo chiamati a fare a Padova.

Una di queste è molto personale perché riguarda le motivazioni di ciascuno di noi. Il compito che ci viene affidato nella nostra opera, in Provincia o nella nostra comunità, è a servizio del progetto apostolico di quell’opera, di quella Provincia, di quella comunità. Se non ci sentiamo parte di questo progetto, il nostro servizio corre il rischio di essere snaturato.

Questo sentirsi pienamente parte richiede un costante approfondimento, una comprensione sempre maggiore dei nostri valori di fondo e delle nostre motivazioni.

A volte ci può essere la tentazione di ritenere che ciò che caratterizza un’opera o un Ente siano solo i programmi e le attività apostoliche, mentre l’amministrazione è un aspetto tecnico.

Invece tutte le funzioni, anche quella economica, concorrono all’unico Progetto.

Solo con questo atteggiamento potremo avere la giusta attenzione tra il nostro lavoro e una prospettiva più alta, altrimenti ci condanniamo ad una parzialità isolata che ci rende sterili.

Esiste in Compagnia un’istruzione sull’amministrazione dei beni (IAB), che costituisce il diritto interno della Compagnia in materia di economia, una sorta di manuale degli economi e amministratori, rivolta a tutte le comunità e a tutte le opere, che precisa norme stringenti, ma anche suggerimenti e consigli. Al n. 63 recita:

L’amministrazione economica della Compagnia è, in certa misura, opera di tutti e di ciascuno, secondo la propria competenza, osservando le istruzioni e le norme ricevute, collaborando in quanto sia chiesto e offrendo informazioni e suggerimenti a quanti possano essere utili.

Sentirsi parte di un’opera ed anche della sua dimensione economica.

Una seconda sfida, che oggi più che in passato ci interpella è quella che riguarda i nostri beni e in particolare il loro utilizzo.

Consideriamo le Costituzioni, scritte da S. Ignazio e in particolare le Norme Complementari, che al n. 216 recitano:

I beni temporali della Compagnia devono essere considerati come beni di nostro Signore Gesù Cristo e patrimonio dei suoi poveri, da essi dipendono molto i beni spirituali e il buono stato della Compagnia. In loro assenza i nostri ministeri spirituali difficilmente si potrebbero esercitare.

La IAB, rifacendosi alle Norme Complementari precisa:

Quelli che amministrano tali beni, lo faranno con grande diligenza e fedeltà, non come padroni che possono usare beni propri a lor arbitrio, ma come mandatari che devono amministrare i beni loro affidati secondo le leggi della Chiesa e della Compagnia.

IAB, n. 14

 

Una buona sintesi tra questi due principi generali la ritroviamo al n. 15

L’amministrazione economica nella Compagnia deve essere spirituale e apostolica e deve essere animata, prima di tutto, dal senso di servizio religioso-apostolico che le è proprio e dall’effettivo spirito di solidarietà e di partecipazione con ii più bisognosi, sia dentro sia fuori di essa.

IAB, n. 15

Questa è la visione di Ignazio, questo è il modo con cui lui ha pensato i beni della Compagnia.

Quale sfida ci viene oggi da questa ispirazione con la quale Ignazio fonda questo argomento? La vera sfida riguarda l’utilizzo di questi beni. Cosa vogliamo fare in futuro con questi immobili?

Si tratta di preparare e operare scelte di utilità economica, sgombrando il campo da un potenziale equivoco che la parola economica spesso suscita: non si parla di denaro, ma si parla di utilità in senso generale.

Un edificio dato in utilizzo gratuito per il ricovero di senza tetto, ha una assoluta utilità economica, cioè svolge una funzione, ha un senso nell’utilizzo. Non bisogna pensare che non sia utile perché non produce denaro. Dare un tetto a chi non ce l’ha è assolutamente utile e quindi c’è un’ottima logica per il suo utilizzo. Non a caso, sono davvero tanti gli immobili della Compagnia dati in comodato per attività sociali che sono opere della Compagnia, ma anche di realtà esterne alla famiglia ignaziana.

Il tema della gestione del nostro patrimonio immobiliare è, dunque, centrale ed è abbastanza evidente che non essere all’altezza di questa sfida, che sembra solo gestionale ed economica, in realtà finisca con l’avere riflessi dirette sulla sopravvivenza in alcuni territori e comunque sulla qualità della vita apostolica della Compagnia, così come anche per gli altri istituti religiosi.

Abbiamo ricevuto tanto dal nostro passato e ci può essere la tentazione, come nella parabola dei talenti, di sotterrare quello che ci ritroviamo, cioè di custodire lo status quo e invece siamo chiamati a progettare, ad avere una visione, soprattutto ad essere fedeli alla nostra missione, anche grazie all’utilizzo dei nostri beni.

Gli strumenti al fine: l’utilizzo dei beni è per la missione!

La Missione non è una parte della mia vita, un ornamento che mi posso togliere o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso sradicare dal mio essere: Io sono una missione su questa terra e per questo mi trovo in questo mondo. Bisogna riconoscere se stessi come marcati a fuoco da tale realtà: grazie ad essa le nostre comunità, le nostre opere riceveranno i più bei regali dal Signore”.

Evangelii Gaudium, n. 273

 

Il papa ci mostra un orizzonte di speranza, ma è anche un augurio concreto per le nostre opere e per le nostre vite.

 

Una Provincia in cammino. Un futuro che vogliamo costruire

Alla luce di questi orientamenti, la Compagnia di Gesù ha elaborato alcune riflessioni che sono state organizzate in un Paino Apostolico chiamato Ritrovare il primo amore. Esso costituisce un orizzonte comune che ci aiuta a migliorare le cose che già facciamo ma soprattutto ci aiuta a pensare insieme il nostro futuro che immaginiamo:

    • apostolicamente significativo, con un processo di ripensamento continuo dei nostri luoghi, dove vogliamo eliminare ciò che ormai ci appesantisce perché non più capace di far risplendere il carisma.

Il carisma si manifesta quando c’è autorevolezza, credibilità, capacità di attrarre, non certamente quando un’opera è meramente esecutiva, ripetitiva, o peggio, preoccupata solo di sopravvivere a se stessa nel ricordo di un affascinante passato. Al tempo stesso, ispirati dal Piano Apostolico, ma soprattutto da quello che viviamo nel quotidiano, nelle persone che incontriamo, nei drammi che ci inquietano, dalle cose che vediamo hanno bisogno di noi, vogliamo rimanere disponibili a valutare oltre quello che già facciamo, anche nuove sfide e nuovi orizzonti.

    • sostenibile in tutte le sue dimensioni: l’aspetto economico, ma anche quello delle risorse umane su cui possiamo contare, la capacità di avere relazioni significative. Un’opera è sostenibile quando è in utile l’economia, ma soprattutto quando è utile perché ha un senso e uno scopo riconosciuto dal sistema di rapporti nel quale è inserita.

Occorre ripensare l’economia delle nostre attività. In alcuni casi il discernimento potrà suggerirci di mantenere in vita un’Opera che produce perdite, stando bene attenti a che queste non siano generate da incapacità o imperizia, ma che ridà dignità a persone vittime dello scarto, deboli e fragili. Così come il discernimento può suggerirci di ripensare un’Opera che forse è diventata troppo grande e/o complessa, preoccupata più della propria organizzazione che della propria autenticità.

Papa Francesco

    • in piena collaborazione tra gesuiti e laici. Le proiezioni statistiche prospettano una progressiva riduzione numerica dei gesuiti. Il calo è già un dato di fatto, ma lo è anche il fatto che il numero delle opere e delle attività riferibili alla Compagnia, in alcune realtà territoriali va addirittura aumentando. Un futuro apostolicamente significativo e sostenibile in tutte le sue dimensioni sta proprio nella collaborazione fra gesuiti e laici.

Anche se nell’insieme della Compagnia constatiamo notevoli progressi nella Collaborazione, rimangono degli ostacoli. Possono provenire da inibizioni derivanti dai nostri contesti sociali o anche da pratiche clericali locali. Una difficoltà particolare può essere la mancanza di autentica collaborazione fra i Gesuiti, come singoli, istituzioni, comunità, Province e Conferenze. Sono necessari una costante pianificazione e valutazione dei nostri sforzi per superare gli ostacoli, se vogliamo rendere possibile la partecipazione di ulteriori collaboratori nella nostra missione ai diversi livelli delle attività apostoliche e del governo della Compagnia.

Congregazione 36ma – Decreto sul Governo rinnovato

 

La Collaborazione non si improvvisa, non arriva dal cielo, ma va ricercata, costruita, pianificata, protetta e preservata da liti, difficoltà di comunicazioni, atteggiamenti autoritari che ancora ci attardano e ci fanno perdere tempo fino a renderci inefficaci se non insostenibili.

 

Il processo e l’esito

Un ulteriore aspetto del nostro modo di procedere riguarda lo stile, il modo con cui svolgiamo il nostro servizio. Come ci ha ricordato papa Francesco nel discorso all’ ultima Congregazione Generale dei gesuiti,

“non basta pensare, fare o organizzare il bene, ma bisogna compierlo con buon spirito”.

Dunque, come facciamo le cose è importante quanto i risultati che riusciamo ad ottenere, cioè il processo vale quanto l’esito.

Che senso ha il nostro lavoro se ottiene risultati, ma non viene compiuto con buono spirito?

Papa Francesco, sempre nel discorso alla Congregazione, rivolto ai gesuiti e alla famiglia ignaziana, concludeva:

Non camminiamo né da soli né comodi, camminiamo con un cuore che non si accomoda, che non si chiude in sé stesso, ma che batte al ritmo di un cammino che si realizza insieme a tutto il popolo fedele di Dio. Camminiamo facendoci tutto a tutti, cercando di aiutare qualcuno.

Discorso di Papa Francesco alla Congregazione 36

Enzo Bianchi commentando un vangelo domenicale scriveva:

Sì, lo sappiamo: è più facile seppellire i doni, piuttosto che condividerli; è più facile conservare le posizioni e i tesori del passato, che andarne a scoprire di nuovi; è più facile diffidare dell’altro che ci ha fatto del bene, piuttosto che rispondere con altrettanta libertà e amore. Il servo che si accontenta di quello che ha, rinchiudendosi nel suo io minimo, non ha fatto il male. Peggio ancora, non ha fatto niente. Non entrerà nella gioia del Signore, ma sarà spogliato anche dei meriti che pensava di avere.

In questo tempo di scelte da compiere, di strade da individuare ci è chiesto un prezzo non banale: mettersi in gioco, discernere, trafficare quel poco che abbiamo.

Non ci resta che affidarci a Colui che si serve della debolezza e della pochezza per portare avanti i suoi progetti. Essere docili strumenti nelle sue mani. Nella notte delle incertezze, ma con la speranza del mattino.

Fidandoci della sua Parola che ci dice che in ciò il Regno di Dio sarà glorificato e crescerà dentro e fuori di noi.